Cena da Cannavacciuolo Bistrot, il ristorante stellato ma di sostanza

Recensione di Cannavacciuolo Bistrot, ristorante stellato a Torino
7 minuti di lettura

Quando scopri di dover cenare da Cannavacciuolo Bistrot, spin-off torinese del celeberrimo ristorante Villa Crespi, la mente ti si affolla di domande. Tipo “dove sarà il kebabbaro più vicino?”. Oppure “cosa ci si mette per andare a mangiare in un ristorante stellato a Torino?

Alla prima domanda risponde facilmente Google. Alla seconda ci pensa l’email di conferma di prenotazione, che parla di abbigliamento smart casual. Che vorrà mai dire? Santa Chiara Ferragni, aiutami tu.

Opto per camicia, panciotto, pantalone e scarpe stringate. Delle Geox della mia laurea, messe due volte, ripescate a Cagliari dopo 12 anni e portate a Torino a mo’ di reliquia.

Ancora non lo sapevo, ma le vere protagoniste della serata sarebbero state loro. 

E sì che la serata non era iniziata sotto i migliori auspici. Poco prima di entrare il mio telefono pensa bene di auto riavviarsi senza sosta. Attimo di panico. E ora come le faccio le foto ai piatti?

Ma soprattutto: e ora come glielo faccio vedere il green pass?

Il telefono supera l’emozione giusto due minuti prima di entrare. Camminando verso il Cannavacciuolo Bistrot mi rendo però conto di un altro problema. Sinistri scricchiolii dalle mie scarpe. Dalla suola delle scarpe. La gomma sta cedendo. Sento nitidamente che piccoli pezzetti di gomma si staccano, passo dopo passo. Certo. L’età, l’inutilizzo, il calore delle estati sarde. Ma doveva succedere proprio oggi?

Ok, niente panico. In fondo non devo camminare molto. Sorrido alla gentile maitresse che ci dà il benvenuto e ci prende i cappotti. La prima sensazione, guardomi intorno è di…vuoto. Un bunker di cemento armato con luci soffuse. Ok l’arredamento minimal, ma qui sembra appena passata Equitalia.

Ci accomodiamo al tavolo. Le suole hanno probabilmente lasciato sgommate nel prezioso pavimento di marmo di Cannavacciuolo Bistrot, ma tant’è. Anche stavolta avevo studiato a casa per non fare figure. È un menù fisso composto di più portate, dal pre-antipasto alla piccola pasticceria, in totale 9 piatti. Più lungo di un pranzo al Castello delle Cerimonie.

La cucina segue la stagionalità, però siamo in inverno inoltrato e il menù cartaceo recita “autunno”. Ahi ahi Antonino, non ci siamo. Che è la stessa cosa che penso guardando sotto il tavolo. Tracce di polvere nera escono dalle scarpe, che si stanno dissolvendo sotto i miei piedi.

Ci fosse stato Antonino altro che pacche sulle spalle, i calci nel culo.

La frotta di camerieri si alterna premurosa nel declamarci ciò che ci attende, domandarci se abbiamo intolleranze, raccogliere l’ordinazione del vino e del menu. Ci dividiamo il lavoro, prendendo entrambi i menu – uno “classico” e uno stagionale. Sorridiamo come due ebeti, mentre dalla cucina a vista lo chef supplente Emin Haziri chiama le comande e impartisce gli ordini con il piglio del capitano di fregata.

Finalmente arrivano le portate, introdotte dai camerieri con dovizia di dettagli. Più che porzioni sono assaggi. Tre, quattro bocconi al massimo. Ognuno vale però il prezzo della degustazione, Non ci sono voli pindarici né esotismi estremi. Son piatti semplici nella loro complessità di sapori e consistenze, figli della tradizione culinaria italiana, impiattati come opere d’arte che quasi dispiace disfare. Ma io ho fame per cui…

Per tutta la cena la vista fa “oooh”. L’olfatto fa “wooow”. Il palato fa “mmmmh”. Le scarpe fanno “cracracracrac”, ma ostento nonchalance ed evito di andare in bagno per risparmiare suola.

Il panettone accompagnato dalle sue creme ci annuncia che la cena è finita. Sono passate poco meno di 3 ore da che siamo al Cannavacciuolo Bistrot, e neanche me ne sono accorto. Il kebab non servirà, sono sazio, ma ammetto di aver barato mangiando più pane di quanto faccio di solito.

È ora di affrontare il momento più difficile. No, non il conto. I 40 metri che mi separano dal tavolo alla cassa. Osservo ancora sotto il tavolo, una densa poltiglia nera si è accumulata. Noto anche qualche pezzetto di gomma. “Stringata decostruita in polvere di gomma vulcanizzata”. Magari lo mettono nel menù estivo.  

Le suole resistono stoicamente fino alla cassa. Fa 290 euro, fredda somma di due menu degustazione, una bottiglia di rosso e due calici di bollicine per il pre-antipasto. Sorrido nervoso alla maitresse che ci saluta, e scendo gli ultimi scalini con la prudenza di un ottuagenario.

È andata. Le scarpe sono libere di cedere di schianto pochi passi dopo. Guido praticamente a piedi nudi verso casa, ripensando alla mia prima cena in un ristorante stellato a Torino.

Tu hai già cenato da Cannavacciuolo Bistrot? Ti è piaciuto? E hai capito cosa diavolo intendono con smart casual? Condividi con pochi intimi la tua esperienza!

📍 Dove si trova? Il Cannavacciuolo Bistrot è in Via Cosmo, 6 a Torino

☎️ Devo prenotare? Sì, e preparati ad aspettare. Puoi farlo direttamente sul loro sito o al 011 83.99.893

💕 Ci posso portare il partner? Sono certo che apprezzerà, anche se l’atmosfera non è poi così romantica.

👶 Ci posso portare i bambini? Non mi sembra il posto adatto e non ci sono menù baby

🦻🏻 Ci posso portare mamma e papà? Potrebbe essere una bellissima sorpresa!

🥦 Sono vegano, posso mangiarci? Sì, c’è un intero menù dedicato a chi non mangia animali.

🚗 Dove parcheggio la macchina? Eviterei il piazzale dietro la Gran Madre, nelle viuzze lì intorno di solito c’è parcheggio. Oppure puoi prendere il tram 13 che fa capolinea poco distante.

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Cagliaritano classe 1982, web marketer appassionato di basket, giochi di ruolo, viaggi. Dal 2014 vivo (a) Torino, ma ancora non ho imparato a fare i controviali.

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