E così vorresti trasferirti a Torino….

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Quindi hai deciso. Ti trasferisci a Torino. Perché c’è il Poli. Perché c’è la gente giusta. Perché è vicina a Milano. Perché Torino ormai è una specie di Berlino, che freme di vita, di arte, di bici a scatto fisso, di camicie di flanella con fantasie a scacchi e barbe incolte.

Però, prima che tu faccia le valigie, tutto contento alla prospettiva di trasferirti a Torino, tra un’apericena e la festa di inaugurazione di un nuovo centro sociale popolato da figli di persone che di paghetta prendono più di un tuo stipendio annuale, pensaci un attimo ancora.

Ma tu lo sai che a Torino non si scherza un cazzo?

Non lo dico mica io, che a Torino ci vivo da poco e magari potrei pure sbagliarmi. Lo dice un poeta. Un poeta professionista vivente. Uno degli ultimi, ma forse il primo. Si chiama Guido Catalano, ed è di Torino, quindi lui lo sa se a Torino si scherza oppure no. E no, non si scherza un cazzo a Torino.

[…]

A Torino fai più fatica qui a Torino
perché a Torino
non so se è chiaro
a Torino
non si scherza un cazzo.
Però se ce la fai a Torino
– e pochi ce la fanno –
a Torino se ce la fai
poi spacchi i culi
a mani nude
a mani nude legate dietro la schiena
su un piede solo
con un gatto su una spalla
sorridendogli negli occhi.

[…]

Qui tutta la poesia “A Torino non si scherza un Cazzo”

Se di un poeta non ti fidi, fidati di me che poeta non sono. A Torino non si scherza un cazzo.

Perché quando a Torino fa caldo, fa caldo sul serio. Mica puoi andare sul lungomare a prendere una boccata d’aria buona, magari una bella brezza fresca. Qui a Luglio non c’è né aria né fresco, e se per questo neppure c’è il mare. In compenso ci sono le zanzare. Grandi come fenicotteri. Cattive come addetti alla riscossione dei crediti di Equitalia.

Perché a Torino la gente entra in auto, inserisce la chiave, la gira e subitamente sbrocca. Bestemmia. Suona il clacson. Strilla. E neppure ha ancora ingranato la marcia. E poi a Torino, per svoltare a destra o a sinistra, devi imboccare i controviali. Che neppure i torinesi da 3 generazioni sanno come si usano, i controviali.

Perché a Torino è pieno di terroni, di Napoli, di negri, di zingari, di mau mau, di cinesi, di vendirose, di gente di ogni nazione e lingua con un unico comune denominatore. La povertà. A Torino prendi il tram 4 e per magia la minoranza etnica diventi tu. A Torino passi Porta Palazzo e ti trovi a Shangai, poi a Marrachesh, poi a Dakar, poi a Bucarest e poi sulla tangenziale.

Perché a Torino certi giorni il cielo è grigio lamiera, e non lo tagli neppure col seghetto circolare. Piove, tanto. Nevica, a volte. Fa freddo, spesso. E se non piove e non tira vento respiri gasolio, che quando ti soffi il naso puoi fare il pieno allo scooter.

Perché a Torino la gente è chiusa, va sempre di fretta, non ha mica tempo da perdere con te che vieni da chissà quale sperduto buco di culo. Qui ci vivevano i Savoia. Qui ci viveva Gianni Agnelli. Qui è nata l’Italia. Qui la nobiltà l’hanno inventata. Assieme ai tramezzini, al vermut, ai grissini e ai tarocchi (quelli che si leggono, non quelli che si mangiano).

Quindi, sei ancora qui?

Non ti sei ancora scoraggiato?

Non hai ancora disfatto le valigie?

E magari pensi ancora che trasferirti a Torino sia una buona idea. Che io stia esagerando.

Che sì certo, la gente è chiusa e sempre di fretta. Ma se sorridi e non sei invadente, sono loro ad avvicinarsi. A chiedere chi sei, da dove vieni, perché sei lì, e se glielo spieghi, che hai scelto Torino perché in fondo Torino è affascinante, si mangia bene e le manca solo la parola, si siedono accanto a te e ti raccontano qualcosa di sé. Di come ci sono arrivati, loro, a Torino. Di ciò che dovresti assolutamente fare, vedere, assaggiare. E se non sono dei mozzoni ti offrono anche un bicchiere di Barbera. O un San Simone.

Che sì, Torino è piena di immigrati e che gli immigrati portano guai. Oppure Torino è multietnica. Parla tutte le lingue del mondo. Cucina tutti i cibi del mondo. Si veste di tutti i colori del mondo. E un mondo senza colori, che mondo è? (E poi io il 4 l’ho sempre preso, a ogni ora del giorno e della sera. E nessuno m’ha mai rotto le balle. Forse perché la faccia più losca era la mia?)

Che va beh, a Torino le auto le avranno pure costruite, ma a guidarle non sono proprio capaci. Però chi ne ha bisogno dell’auto? Ci sono decine di km di piste ciclabili. C’è il TObike. Ci sono un centinaio tra linee di tram e di autobus. C’è perfino la metro. Ok, solo una linea di metro, e neppure tanto lunga, ma c’è. E poi se proprio ti prude la frizione, c’è pure il car sharing.

Che il cielo è grigio. Spesso. Ma non sempre. Ci sono giorni che la luce ti avvolge. Ed è una luce brillante, accecante, sorprendente. Che filtra dagli alberi, fin sotto i portici, che risveglia la natura, che ti fa sentire migliore anche quando la vita ha appena iniziato di prenderti a randellate sui denti.

Che ok, a Torino fa caldo, e quando fa caldo la cosa da fare è una, e una soltanto. Inforcare la bici, arrivare fino alle sponde del Po, nel parco del Valentino, stendere la coperta, comprare una birra e stare immobili a fissare il paesaggio. E sorridere, ascoltando il traffico che è vicino ma sembra distante chilometri, i remi che fendono l’acqua, il fruscio delle foglie, il frinire dei grilli. Per le zanzare c’è l’Autan, e di qualche pizzico non è mai morto nessuno, non fare la fighetta.

Che no, a Torino non si scherza un cazzo. Ma se ce la fai, a Torino, poi te ne innamori e non te ne vuoi più andare. Finisce col mancarti l’odore di grasso dei tram. La fiatella post Bagna càuda. La neve che si scioglie subito ma ne basta poca poca per tornare bambini. Le notti stellate in riva ai Muri a bere e aspettare l’alba.

Allora, ti trasferisci o no a Torino? Perché se vuoi davvero venirci a vivere, ti conviene continuare a leggere questo blog. Scritto da un non torinese per i non torinesi.

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Cagliaritano classe 1982, web marketer appassionato di basket, giochi di ruolo, viaggi. Dal 2014 vivo (a) Torino, ma ancora non ho imparato a fare i controviali.

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