7 cose che ti faranno dire “mi sto abituando a vivere a Torino”

Sentirsi a casa a Torino, nel centro di Torino
8 minuti di lettura

Giorno più giorno meno, un anno fa nasceva Vivo Torino. Chiaramente l’ho scritto per ricevere auguri e regali, ma questo mi ha fatto anche venire in mente che vivo (a) Torino da quasi quattro anni.

Ogni volta che ci rifletto non posso fare a meno di pensare: quanto mi sono torinesizzato in questi anni? Sono entrato nel tessuto di questa città e dei suoi abitanti?

Non credo di aver snaturato la mia fibra 100% sarda. Sono ancora fieramente isolano. L’accento, con le doppie quando non servono e le vocali aperte, è rimasto quello. E malgrado i risultati sconfortanti, tifo ancora Cagliari e spero nell’imminente venuta di uno sceicco o petroliere russo che affianchi CR7 a Pavoletti.

Insomma, in apparenza non è cambiato nulla.

Poi ho pensato alle abitudini che Torino, nel bene e nel male, è riuscita a trasmettermi. Tempo fa vidi circolare su Facebook un giochino, “Sei di Torino se…” (con varianti per ogni città e borgo d’Italia), e ho cercato di ripensarlo dal mio, e forse anche dal tuo punto di vista: quand’è che un non torinese diventa un (po’) torinese?

Quando trova la sua piola di fiducia? Quando si lamenta con costanza del GTT?

Io ho scelto i miei personali sette segnali, valutandoli da uno a cinque in base al grado di torinesità (emoji mucca, anche se voleva essere un toro) e al livello di difficoltà d’abitudine (emoji urlo di Munch). Tu però puoi aggiungere le tue con un bel commento al post!

Imparare le regole del controviale

Guidare a Torino è una lotta selvaggia, dove solo il più forte – o quello col SUV più grosso – esce vincitore. Questo capita in quasi tutte le città, dirai tu. Ma nelle altre città non ci sono i controviali, rispondo io. Una tipicità torinese, al pari del San Simone e della Mole, che fu originariamente viale pedonale e venne poi lasciato a uso esclusivo di autoveicoli.

Il controviale è la trappola che separa l’ emigrato burba dal veterano. Ha regole tutte sue, forse tramandate oralmente da saggi eremiti nascosti alle pendici dei colli torinesi. Per un non torinese, riuscire a immettersi da viale a controviale o viceversa, a fare la svolta o l’inversione senza beccare neanche un vaffanculo o una sinfonia di clacson equivale a un attestato di integrazione.

Per gli inesperti, a un CID o una multa.

  • Torinesità: 🐮🐮🐮🐮
  • Difficoltà: 😱😱😱😱😱

Riuscire a orientarsi tra i locali di San Salvario

Uno degli aspetti positivi del vivere a Torino è che è impossibile perdersi, grazie alla pianta squadrata che i Romani diedero alla città. Il quartiere di San Salvario – nel quale tra l’altro ora vivo – non fa eccezione, ma per qualche motivo a me oscuro non riesco ancora ad orientarmici.

Il problema è che non riesco a memorizzare la posizione dei locali. Che so, devo andare dal Greek Food Lab ad Affini? Oppure da Coco’s al Biberon? Per qualche isolato procedo a passo spedito. Poi ci penso, faccio cinque giri, due piroette e un salto. Infine mi arrendo all’evidenza che non ho idea di dove sto andando. Accendo il GPS e mi vergogno un po’.

Ti prego, dimmi che non sono solo io ad avere questo problema. Dimmi che ci sono folletti che mischiano i locali la notte e gli cambiano posizione.

  • Torinesità: 🐮🐮
  • Difficoltà: 😱😱😱
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Non confondersi con l’odonomastica, soprattutto quella “reale”

Immagino tu sappia cos’è l’odontomastica. Ma se in questo momento ti sfugge, è lo studio dei nomi delle strade di un luogo. A Torino, i lunghi trascorsi sabaudi hanno fatto sì che questa ricalcasse l’albero genealogico dei Savoia, inserendo quantità insensate di principi, regine, madame, baroni e sospetto pure qualche domestico.

Il risultato è che chi si trasferisce in città deve mandar giù a memoria un Tuttocittà fatto di Via Principessa Clotilde, Corso Regina Margherita, Via Madama Cristina, Via Duchessa Jolanda, Corso Principe Oddone, piazzetta Emanuele Filiberto e piazza Carlo Emanuele (ma quella è facile, visto che la chiamano tutti piazza Carlina).

Al livello successivo di torinesizzazione: abbreviare l’odontomastica, con San Salvario che diventa solo SanSa, Corso Galileo Ferraris trasformato in Corso GalFer e corso Vittorio Emanuele che per gli amici diventa solo Corso Vittorio. Da non confondersi con Piazza Vittorio (Veneto).

  • Torinesità: 🐮🐮🐮
  • Difficoltà: 😱😱

Accantonare l’amaro della tua terra per il San Simone

Dimmi che digestivo bevi e ti dirò chi sei. O almeno da dove vieni, con discreta approssimazione.

Dopo un iniziale periodo di diffidenza, però, potresti mettere da parte il tuo limoncello, Amaro del Capo, Strega, Lucano, Averna o Mirto, e cominciare ad apprezzare il prodotto locale, il San Simone. L’amaro torinese che in realtà è piuttosto dolce, fatto da secoli in città e diventato uno dei suoi simboli.

Ti potrebbe piacere talmente tanto da iniziare a cercarlo anche altrove. Scoprendo tuo malgrado che si trova solo qui, un po’ come le mie adorate pizzette sfoglia a Cagliari.

Pare comunque che tra poco il San Simone sbarcherà a Milano e Roma. Meglio tardi che mai!

  • Torinesità: 🐮🐮🐮🐮
  • Difficoltà: 😱
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Scoprire la propria vena artistica

Nella città che ogni autunno organizza Artissima. che ha accolto la sede della Scuola Holden, che ha visto sbocciare i Subsonica, Catalano, di Gabriel Garko, bisogna forza esprimere la propria personalità attraverso un’arte. Non importa quale, e a volte non importa neppure che sia arte.

Potresti andare sul classico e colorare di rosa una panchina. Oppure fare foto a dettagli anatomici, rigorosamente in bianco e nero. Potresti fare musica indie-electro-trap, o perfino metter su un blog che parla di Torino dalla prospettiva di uno che ci si è trasferito da poco.

Al livello successivo di torinesizzazione: acquistare un Mac, farsi crescere la barba, trasferirsi in corso Regio Parco e girare con la bicicletta a scatto fisso. Per le donne la barba non è essenziale, e il pantalone con risvolto può essere facilmente sostituito da vestito a fiori della nonna.

  • Torinesità: 🐮🐮
  • Difficoltà: 😱😱

Fare la bocca alla pizza al padellino

Per la pizza sono un po’ rompipalle. Mi piace alla romana: sottile, croccante e cotta nel forno a legna. Scoprire che a Torino esiste la sua nemesi è stato un trauma non da poco.

La pizza al padellino è una focaccia, lontanissima parente della pizza, dal diametro ridotto e alta quanto un pollice, cotta al forno dentro una specie di teglia – stampo precedentemente unto e simile a una padella, da cui il nome. La consistenza è croccante alla base, e morbida in superficie.

Io continuo a pensare che sia un abominio al pari della pizza con l’ananas o il sushi. Però magari esagero.

  • Torinesità: 🐮🐮
  • Difficoltà: 😱😱😱
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Chiedere a qualcuno Com’è?

Il vero segno inequivocabile del cedimento verso la torinesità. Il primo “com’è”.

All’inizio ti imporrai di non pronunciarlo. Lo rifiuterai, reputandolo un’abitudine malsana. Lo denigrerai. Pian piano però si farà strada dentro di te, scavandoti nel profondo. Finché un bel giorno, salutando un tuo compare residente in città, uscirà dalla tua bocca. Sovrappensiero, inconsapevolmente, un lapsus, un riflesso condizionato. Ma lo dirai. E da lì a dire “solo più” o “cicles”, sarà un attimo.

Occhio, io ti ho avvisato.

  • Torinesità: 🐮🐮🐮🐮🐮
  • Difficoltà: 😱😱

Il post è finito. Ma tu non scordarti di mettere un commento, neh! Oh merda, m’è scappato! Vado a farmi un’Ichnusa per rimediare. Tu intanto scrivi!

Pic credits: diabosik

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Cagliaritano classe 1982, web marketer appassionato di basket, giochi di ruolo, viaggi. Dal 2014 vivo (a) Torino, ma ancora non ho imparato a fare i controviali.

14 commenti

  1. Tiziana
    1 Dicembre 2022

    Ciao, grazie per questo bel blog simpatico e ironico . Io sono un’attempata signora in pensione dopo 42 anni di scuola.. scusa il termine “attempata” lo odio ma sono costretta a usarlo. Abito a Torino da quando avevo 5 anni, ma mi considero Torinese a tutti gli effetti e amo profondamente questa bella città… Io sono nata a Lecco ma fossi bene nata in qualsiasi altra parte d’Italia o del mondo , non cambierebbe nulla … .ti garantisco, e tu ne dai la prova, che una volta stabilito qua ,chiunque si torinesizza nel giro di poco tempo… Anche se portato a criticare alcune caratteristiche…. Non è tutto rose e fiori.. come d’altra parte in qualsiasi altra paese o città …I torinesi sono chiusi, sono bogia nen, sono abitudinari .. per riprendere quanto tu hai scritto , storpiano i nomi delle vie.. dicono Piazza Bèngasi invece di Bengàsi, Piazza Sofìa invece di Sòfia, Piazza Benefica invece di Martini, via Nicola Fabrizi invece della solita via Fabrizi, sentito anche Nìcola Fabrizi, Piazza Carlina per indicare tendenze sessuali del Carlo a cui è dedicata… Tante tante altre.. Peccato che la maggior parte abbia perso l’abitudine di parlare in piemontese tanto che qualcuno scopre molto molto tardi e sempre per spiegazioni da parte di un torinese o sedicente tale, che un locale centrale che si chiama “berlicabarbis”non si pronuncia berlicabàrbis, ma l’accento va sull’ultima i e significa “lèccati i baffi”in relazione alla bontà dei prodotti venduti.. Quante altre cose ci sarebbero da dire… Ciaoooo

    Rispondi
    1. Rob
      3 Dicembre 2022

      Ciao Tiziana, benvenuta!
      Innanzitutto congratulazioni per il traguardo della pensione, di questi tempi ormai non scontato (e nel caso della mia generazione pura utopia!).
      Quanto ai torinesi, ma in generale a tutte le parti d’Italia, credo che siano proprio queste unicità – pregi e difetti inclusi – a renderci così interessanti. Anche se a volte questo sfocia nella critica gratuita. Dovremmo solo volerci più bene, non trovi? 🙂
      Ti abbraccio
      Rob

      Rispondi
  2. Stefania
    19 Agosto 2019

    Perché tante critiche alla città di Torino scusa? Prova ad andare a guidare a Milano o Roma..traffico esagerato. Torino è ancora molto vivibile. La pizza al padellino è buonissima..ma che problemi ti fai?

    Rispondi
    1. Rob
      20 Agosto 2019

      Ciao Stefania, benvenuta nel mio blog.
      Pensa, ho talmente tanti problemi con Torino che che ho perfino deciso di comprarci casa! Forse non hai colto il tono ironico del post, in cui ho elencato alcune delle cose a cui è più “difficile” abituarsi quando si vive a Torino. magari leggendone altri ti ricrederai. In caso contrario, no problem. I gusti sono gusti…c’è perfino a chi piace la pizza al padellino 🙂 (scherzo, scherzo! è buonissima!)
      Un abbraccio
      Rob

      Rispondi
    2. Francoise
      19 Luglio 2020

      Dove solo quello con il suv più grosso esce vincitore?????? ma che razza di esempio e di ragionamento del cazzo è questo? sono originario del Friuli ma vivo a Torino da qualche tempo ed è di sicuro una delle città Italiane dove la gente guida peggio tutti vogliono essere padroni della strada…..la strada ha delle regole che vanno rispettate non importa che guidi un suv o una cinquecento è la sicurezza prima di tutto c’è gente sveglia!!!!!!!!

      Rispondi
      1. Saverio
        13 Agosto 2020

        Stai calmo e respira, vivrai più a lungo.

        Rispondi
      2. Alessandro
        6 Settembre 2022

        mi sa che questo, dal nome francese e quindi già poco simpatico 🙂 come l’altra intelligentona di Stefania, non hanno capito minimamente il senso del blog. Purtroppo a Torino, come in tutte le città, ci sono dei fenomeni arroganti come questi due.
        Non farci caso, il blog è molto carino e dice cose verissime !

        Rispondi
  3. GP
    16 Giugno 2019

    Eh no, mi tocca dissentire sulla svolta a sinistra. Le regole del vero Torinese sono:
    1. Dal viale centrale, svoltare a sinistra SOPRATTUTTO se non è consentito
    2. Dal controviale, sorpassare a destra tutta la fila, per trovarsi in testa quando scatta il verde per la svolta a sinistra.
    Mi spiace, ma se non lo vuoi capire, ti aiuteremo a casa tua.

    Rispondi
    1. Rob
      11 Agosto 2019

      Ciao GP, grazie del tuo contributo!
      in effetti hai ragione, ma è una questione di durezza della testa sarda, che proprio non si rassegna a cercare di rispettare la segnaletica e le regole del codice della strada.
      Poi certo, qui a Torino la gente gira in auto che neanche fosse una partita di Re-Volt…
      A buon intenditore!
      Un abbraccio
      Rob

      Rispondi
  4. Susi
    9 Maggio 2019

    Ahahah, ci descrivi molto bene 😀 Carino questo blog, non solo per chi approda a To, ma anche per un torinese che voglia riflettere sulla propria identità attraverso occhi “esterni”.
    Cmq, su certi punti ti tranquillizzo: 1. i vaff quando svolto nei controviali me li becco anch’io 🙂
    2. anch’io vivo in SanSa e a volte non situo i locali: ebbene sì, di notte li spostano!! O, più semplicemente… molti nascono come funghi, poi scompaiono a velocità della luce: se ieri c’era un Japs aprono uno street-food campano, se c’era una merceria aprono una vineria, il posto della farinata diventa hamburgeria, Damadama cambia in Sac à poche, il Diwan diventa D.One e non ti fa più l’aperitivo… il bar di tapas dov’è finito? Giuro che c’era… tutto ciò è MOLTO scorretto!!!!! Gli animali di SanSa si aggirano in un panorama instabile e insidioso come le sabbie mobili, che cambia continuamente coordinate 😉
    Quanto alla pizza, anch’io odio il padellino: da Cecchi, solo farinata (peraltro ottima)… per una romana in zona, di certo conosci il Rospetto.
    Passiamo ai reali: ieri, un amico “foresto” insisteva: “devi svoltare in Corso Principe”… “sì, MA Principe QUALE??” insistevamo noi. Il poveretto ci guardava allocchito… “era Principe-qualcosa, non basta?” NO! Qui, di vie con Principi ne abbiamo almeno 4: Oddone, Eugenio, Amedeo e Tommaso… e con i Principi d’Acaja facciam cinquina 😛 Oltre a p.za Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele, citerei p.za Carlo Felice… queste tre, da bambina, proprio non mi entravano: ogni torinese ha subito un trauma odonomastico infantile, ne sono certa! Per non parlar dei ponti, su cui mio padre mi faceva addirittura i quiz, finché non imparai che quello di p.za Vittorio (Veneto) si chiama ponte Vittorio (Emanuele I), mentre quello di c.so Vittorio (Emanuele II) si chiama Ponte Umberto I, e così via… infanzie distrutte dai Savoia 🙂
    Ti aggiungo un segno di inconfutabile torinesità: bere a un toret, dicendo tra sè “andiamo al Toro Verde”. Ma deve uscirti spontaneo e imprevisto come un peto, quasi dall’inconscio… allora, sarai diventato un vero torinello 😀

    Rispondi
  5. daniele
    27 Luglio 2018

    grazie, mi hai fatto veramente ridere, non abito a Torino ma ci vengo tutti i giorni da più di 10 anni… e mi ci sono ritrovato in tutto…

    Rispondi
    1. Rob
      1 Agosto 2018

      Ciao Daniele, grazie della tua visita!
      Anche tu fatichi ad abituarti alle “stranezze” di questa città?
      Un abbraccio, Rob

      Rispondi
  6. Alessia
    28 Aprile 2018

    Da Torinese di nascita, anche se non di origine, mi rende orgogliosa il fatto che qualcuno si appassioni tanto alla mia città da dedicarle un blog… tanti auguri e attenzione alla guida nei controviali 😉

    Rispondi
    1. Rob
      13 Maggio 2018

      Grazie Alessia, e benvenuta su Vivo Torino! Spero di aver reso giustizia alla tua città, sentiti libera di commentare ancora!
      Un abbraccio, Rob

      Rispondi

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